Michelangelo Buonarroti
Madonna della scala
1490 circa
marmo, 56,7 x 40,1 cm
Casa Buonarroti, inv. 190
La Madonna della scala, di cui non si conoscono menzioni durante la vita di Michelangelo, viene citata per la prima volta nell’edizione giuntina (1568) delle Vite di Giorgio Vasari, dove si riferisce che l’opera era stata donata “non è molti anni” da Leonardo Buonarroti, nipote dell’artista, al duca Cosimo I, “il quale la tiene per cosa singularissima”.
Prima di questo dono, molto probabilmente l’opera era sempre rimasta nella casa dell’artista in via Ghibellina, dove tornò nel 1616, quando il granduca Cosimo II la restituì a Michelangelo il Giovane, come segno di riconoscimento per l’opera di glorificazione del grande avo che si stava avviando in quegli anni nelle sale monumentali del piano nobile.
Già Vasari nota il rapporto tra la Madonna della scala e lo stile di Donatello: “volendo contrafare la maniera di Donatello, si portò sì bene che par di man sua, eccetto che si vede più grazia e più disegno”. Ma il rapporto di Michelangelo con Donatello appare, già in quest’opera così giovanile, personale, intenso, senza dubbio di rottura: una rivisitazione affascinata, ma già polemica e di congedo.
Nonostante le dimensioni limitate, l’opera ha un respiro monumentale, con la figura femminile che occupa tutta l’altezza del rilievo, da un margine all’altro. Rimane ambiguo il significato sia della scala che dà il nome al rilievo sia dell’azione dei bambini: due in atteggiamento di danza e due che sembrano tendere un drappo dietro la Madonna.
La data del rilievo, considerato tradizionalmente, fin dal Vasari, opera dell’adolescenza di Michelangelo, è stata ed è molto discussa: pare tuttavia da confermare una collocazione intorno al 1490, prima della Battaglia dei centauri.
Grazie alla generosa disponibilità della Fondazione Friends of Florence è stato possibile dar corso al restauro della Madonna della scala, condotto da Daniela Manna (2021-2022).