Michelangelo e l’assedio di Firenze
(1529-1530)
a cura di Alessandro Cecchi
Firenze, Casa Buonarroti, 21 giugno – 2 ottobre 2017
Il 12 agosto del 1530 Firenze assediata capitolava, arrendendosi alle truppe imperiali. Aveva resistito per dieci lunghi mesi, anche grazie ai bastioni apprestati da Michelangelo sulla collina di San Miniato, centro nevralgico della difesa della città repubblicana. Fin dall’estate-autunno del 1528 l’artista era stato chiamato, per la sua esperienza di architetto militare, a fornire pareri e progetti per ammodernare le fortificazioni fiorentine e renderle atte a resistere all’impatto devastante delle artiglierie imperiali; ma all’inizio di aprile del 1529 fu nominato dai Dieci di Balia “generale governatore et procuratore” delle opere di fortificazione per la durata di un anno, con una scelta che riconosceva in lui una indubbia competenza accompagnata da una sicura fede repubblicana. A testimonianza suprema di questa sua attività restano i venti disegni conservati in Casa Buonarroti, databili agli anni 1528-1529, con progetti di fortificazioni tesi a rinforzare e ammodernare le Porte alla Giustizia e al Prato d’Ognissanti, e altri settori delle mura. I fogli, “carichi d’avvampante furore e dirompente energia” secondo la felice definizione di Carlo Giulio Argan, “sono soltanto planimetrie, ma non vanno considerati come studi preparatori in vista di una futura costruzione”. Non lo furono che in minima parte, per la spesa che comportavano e la mancanza di tempo a disposizione. Nell’estate-autunno del 1529 si preferì ripiegare su fortificazioni effimere ma efficaci come i bastioni che sorsero nei punti deboli della cinta muraria trecentesca. Da questo gruppo di studi unico al mondo si prende l’avvio con la prima sezione della mostra, per dimostrare la posizione del Buonarroti e di altri artisti ‘repubblicani’, in un inusitato clima di mobilitazione e di impegno civile e religioso, attestato dall’esposizione di documenti, libri, dipinti, disegni, monete e medaglie. Se ne trae la veritoria immagine della seconda repubblica fiorentina, pronta, con la protezione di Cristo re, all’estremo sacrificio in difesa della “dolce libertà”, che si rifaceva allo spirito della prima (1494-1512), trovando tra l’altro un supporto ideologico negli scritti di fra Girolamo Savonarola, che ne era stato uno degli ispiratori, e che era morto come un martire, nel 1498.
La seconda sezione della mostra è dedicata ai combattenti di entrambe le parti: i mercenari al soldo di Firenze, come i capitani traditori ritratti impiccati in effigie per un piede, presenti in disegni di Andrea del Sarto provenienti dagli Uffizi; e i giovani della Milizia e Ordinanza fiorentina che si distinsero invece per il loro valore nella difesa delle libertà repubblicane, ripresi con le loro armi dal Pontormo e dal Sarto. A dar conto di come si combatteva nel primo trentennio del Cinquecento, troviamo fra gli oggetti più tipici e interessanti la spada col fodero, detta Katzbalger, dei Lanzichenecchi, presenti anche in un’incisione del tempo, un corsaletto da cavallo leggero, uno splendido spadone a due mani.
L’ultima sezione è dedicata al connubio fra arte e fede e, in particolare, al Savonarola e alla pittura di soggetto religioso che vide la luce durante l’assedio. Si trattò di opere, tutte presenti in mostra, come la cosiddetta Sacra Famiglia Medici di Andrea del Sarto, o come la Madonna col Bambino e San Giovannino, eseguita forse dal Pontormo per il “Rossino muratore” che gli aveva costruito la casa in quei tempi difficili e procellosi. Lo stesso artista dipinse per le donne dello Spedale degli Innocenti una tavola col Martirio dei Diecimila. Attraverso documenti e testimonianze di vario genere, la mostra consente ai visitatori di tornare al passato, all’assedio e alla storia di una difesa valorosa, ma senza speranza, che si concluse con la caduta della Repubblica e con il ritorno dei Medici al potere.